Histats

sabato 3 dicembre 2011

L'insonne - Profumo di libertà

Non so se sono mai capitate anche a voi, situazioni in cui nella vita qualcuno vi chiede il vostro aiuto, ma sottopelle avete la netta sensazione che sia lui ad aiutare voi... Capita di rado nel quotidiano contesto sociale, e forse ancora meno in quello lavorativo e professionale, ma io sono qui a testimoniare che qualche volta questo accade.
Nei primi mesi del 2008 ho cominciato a collaborare, tramite la Star Comics per cui lavoro, con Giuseppe Di Bernardo di cui letteravo l'opera a fumetti Cornelio: delitti d'autore. Da quel momento ho avuto la fortuna di usufruire dei consigli che è sempre pronto a suggerire ai suoi collaboratori meno esperti, e chi l'ha incontrato alle varie fiere di settore (in ultima istanza Lucca Comics & Games 2011) ha in mente la disponibilità di cui parlo.
Dopo Cornelio è arrivato The Secret, di cui questa volta Giuseppe è autore al 100%, dal soggetto alla sceneggiatura (coadiuvato in due episodi da Francesco Matteuzzi) fino alla gestione ricca e stimolante del blog, con testimonianze suggestive circa fenomeni ufologici e di abduction. In questo progetto ho potuto contribuire alzando di un piccolo gradino il coinvolgimento dei lettori, realizzando il gioco on-line Apri gli occhi, tramite il quale si risolvevano degli enigmi fino a vincere una t-shirt ufficiale Star Comics + The Secret e la possibilità di leggere un finale alternativo scritto anche da me, e disegnato dal buon Francesco Mucciacito.
Ora però, come nel più classico dei film, appare la scritta bianca su fondo nero che dice "Alcuni anni prima."
Giuseppe Di Bernardo è balzato agli onori della cronaca, da molto tempo a questa parte, sia perché è uno dei migliori interpreti di Diabolik, sia perché è l'autore, insieme ad Andrea Polidori, dell'introverso e affascinante personaggio di Desdemona Metus, protagonista della serie L'insonne. Chi conosce il progetto sa bene che Desdemona vive anche in piccole storie pubblicate in albi speciali, oppure realizzate appositamente per il web, leggibili ad esempio sul sito Verticalismi.it.
E finalmente eccoci giunti al main theme di questo post. Giuseppe mi ha concesso l'onore di scrivere una breve storia per L'insonne, che se il cielo ci assiste, potrebbe anche vedere la luce in un'edizione cartacea, oltre che digitale. Non mi dilungo sulla gioia che ho provato quando ho realizzato cosa avevo tra le mani, ma potrete immaginarla. Così, nella seconda parte di questo post, mi limiterò a commentare le immagini fin qui realizzate per questo progetto, dal titolo Profumo di libertà, realizzate da un disegnatore d'eccezione: Rosario Raho. Premetto subito che potrei stare tutto il giorno, qui con voi, a descrivervi quanto Rosario sia professionale, simpatico, disponibile, collaborativo, rigoroso ecc... Provo molto affetto per lui, e le tavole che seguono vi faranno innamorare del suo stile.

Sinossi.
Profumo di libertà vede il coinvolgimento di un personaggio creato ad hoc, che si chiama Simonetta. Questa è una praticante di sport estremi, come il B.A.S.E. Jumping, che utilizza per dare sfogo al suo desiderio di libertà. La storia è composta di 8 pagine, quindi dire troppo significherebbe dire tutto, ma è lecito affermare che solo la tragedia di una grave malattia scoperta all'improvviso potrebbe tarpare le ali di Simonetta. Tutto diventa grave, oppressivo, e perfino un terribile raffreddore, al confronto, diventa un simpatico prurito alla schiena. Per sconfiggere quel male, e per tornare a volare, bisogna sempre lottare senza mai arrendersi: non ci è concessa alcuna resa!

La bellissima Desdemona Metus

Figura intera
La mia Simonetta :-)

Figura intera versione casual e jumper. Fantastica!

Bozza di tavola 2

Matita di tavola 2

Entro circa due mesi il progetto dovrebbe essere terminato, e non vedo l'ora di condividerlo per conoscere i vostri pareri.
Per ora non posso che ringraziare Giuseppe Di Bernardo per il tutoraggio che mi sta facendo e Rosario Raho per i magnifici lavori che sta realizzando.
A presto e un saluto a tutti.


lunedì 3 ottobre 2011

Logo marrone su fondo pink. L'avete voluto voi!

Sei in: Accredito / Domande Frequenti Accredito
Chi si qualifica per l’accredito Autore?
Possono richiedere il pass Autore tutti gli Autori di Fumetti che presentino credenziali valide. La richiesta viene valutata dall’organizzazione di Lucca Comics & Games, che si riserva il diritto di approvarla o meno.
Che significa Autore di Fumetti?
Per Autore di Fumetti si intende una qualsiasi delle figure artistiche e professionali che operano nell’ambito della realizzazione di fumetti, a cui apportino uno specifico contributo creativo. Si considerano pertanto Autori di Fumetti soggettisti, sceneggiatori, disegnatori, inchiostratori, coloristi, copertinisti, etc. Non si considerano autori di fumetti grafici, impaginatori, addetti al lettering etc.
Come dice, scusi?!
 Non si considerano autori di fumetti grafici, impaginatori, addetti al lettering etc.
Facciamo un passo indietro...
Quest'anno, sulle ali dell'entusiasmo, mi è passata per la mente la mirabolante idea di provare a farmi dare un accredito per Lucca Comics&Games 2011. In passato aveva provveduto mamma Star, ma quest'anno potrebbero non avere un posto libero per me; fu così che venni pervaso dall'ottimismo, e mentre esploravo i percorsi burocratici da percorrere, mi ripetevo che dopotutto se un fumetto esce in edicola e fumetteria era anche merito mio...
Poi il gelo, gettato sotto forma di cubetti fatti scorrere lungo la schiena, all'improvviso! E la frase
 Non si considerano autori di fumetti grafici, impaginatori, addetti al lettering etc.
Nel frattempo nel mio pc avevo aperto i seguenti programmi con i rispettivi progetti aperti:

  1. Photoshop, con un maxi poster di Dragon Ball che andrà esposto nello stand Star Comics;
  2. Illustrator, con il quale stavo letterando Legion 75;
  3. InDesign, grazie al quale recuperavo l'impaginato dell'ultimo numero di The Secret ora in edicola, per approntare l'ultimo albo della serie.
e mi sono detto: "Ma il mio lavoro a che serve?!"

Ebbene, mentre nei prossimi giorni proverò a trovare una degna risposta al quesito, credo che prenderò alcune misure utili a far suonare qualche campanello d'allarme. Innanzitutto impaginerò alcune tavole al 120% e altre al 50%, giusto per dare movimento alle tavole. Poi potrei far parlare tutte le donne con il Calibri e gli uomini con l'Impact, che fa molto macho. Infine potrei studiare un bel logo marrone da apporre su un delizioso box rosa shok, per le nuove testate.

Bene, che dire dunque, buona lettura!

sabato 24 settembre 2011

Fumetto Work in progress - Parte 1

DALLA SCANSIONE AL FORMATO DI STAMPA

Buongiorno a tutti.
Sarò costretto nelle prossime righe a fare un piccolo resoconto del mio trascorso lavorativo, al fine di legittimare quanto proverò ad esporre più avanti. Lavoro da più di quattro anni presso le Edizioni Star Comics e svolgo il ruolo di grafico a 360° (impaginazioni, pubblicità, riviste, web, video) e di letterista. Ho dato i natali, nei limiti delle mie funzioni, a Cornelio: delitti d'autore, Pinkerton S.A., The Secret e altri progetti di prossima uscita.
Mi sono reso conto, ad un certo punto, di possedere alcune nozioni in grado di trasformare un'idea in qualcosa di più concreto. Le guide che ho intenzione di scrivere potrebbero essere rivolte anche ad autori professionisti, che magari disegnano paesaggi o azioni dinamiche mozzafiato, ma potrebbe avere lacune su aspetti più "freddi" e tecnici della lavorazione di un fumetto, che però non possono essere ignorati.
Invece l'utente ideale potrebbe essere colui che, aspirando ad entrare nel mondo dei fumetti, si ritrova tra le mani gli strumenti adatti a creare un prodotto professionale, quanto meno dal punto di vista del metodo e della sua presentazione.

Spero di non averla fatta troppo lunga, come si suol dire. Questa prima parte tratterà il processo di lavoro a partire dal formato della tavola, passando per la scansione, l'ingabbiamento e infine l'esportazione.
In futuro tratterò il lettering, l'impaginazione tramite Adobe InDesign e l'esportazione di un pdf pronto per andare in stampa.
Qualcuno dirà: "sì ma la storia chi la inventa? e chi la disegna?!". Ora mi chiedete troppo...

Si comincia! Per esporvi degli esempi pratici mi avvarrò di una tavola del buon Francesco Mucciacito, che in questo caso disegna il finale alternativo di The Secret che viene assegnato in premio a coloro che stanno risolvendo gli enigmi del gioco Apri gli occhi. La storia in questione è scritta da Giuseppe Di Bernardo e da me.

SCANSIONE
Questa è la tavola come è stata realizzata.


Di seguito la scansione vera e propria. I settaggi per una buona scansione sono:
risoluzione 600dpi o 800dpi / Scala di grigi

La tavola di per sé è molto pulita. I neri sono pieni e le parti bianche sono poco sporche, anche se un po' lo sono sempre, come vedremo in seguito. Ora la nostra attenzione deve focalizzarsi sul formato. A prima vista sembra che tutto sia perfetto, ma i problemi potrebbero spuntare quando questa tavola viene inserita all'interno della sua gabbia di riferimento. Anche se non l'ho premesso, ho dato per scontato che stessimo trattando albi del formato bonellide, quindi 16cm x 21cm.


I settaggi in Photoshop per creare un corretto file adatto ai nostri scopi sono:
dimensioni 16,6cm x 21,6cm / risoluzione 600dpi / Metodo di colore Scala di Grigio 8bit



La risoluzione può arrivare fino a 1200dpi, ma non se viene lasciata in Scala di grigio. Le dimensioni sarebbero troppo alte, a fronte di un aumento di qualità quasi impercettibile. 1200dpi si utilizzano per tavole che vengono poi passate a BITMAP. Quest'ultimo metodo serve ad eliminare qualsiasi tipo di sfumatura tra il nero e il bianco. Se provate a farlo con una tavola acquarellata verrà completamente sfigurata, mentre se lo applicate su una tavola pulita come il nostro esempio, la differenza sarà minima. Diciamo che è una scelta di "cuore".
0,6cm in altezza e in larghezza (quindi 0,3cm per ogni lato), oltre le misure effettive, sono stati inseriti per prevedere le abbondanze. Queste sono fondamentali per creare un prodotto adatto alla stampa, e rappresentano quella parte di disegno definito "di sicurezza" che ci viene in aiuto quando la macchina taglierà la pagina per confezionarla. Infatti molti disegnatori concepiscono questo macchinario come un dispositivo laser preso in prestito da Guerre Stellari, ovvero incapace di sgarrare neanche di mezzo millimetro... niente di più sbagliato! Procedimenti meccanici come quelli sfarfallano sempre.
E' come avere su un foglio bianco un quadrato rosso, mentre voi tenete in mano una formina tagliente delle stesse identiche dimensioni del quadrato; e poi vi si chieda di appoggiarlo sopra in maniera perfetta ma veloce, in modo che il quadrato di carta tagliato sia completamente rosso, senza neanche un filino bianco ai bordi. Impossibile, dico io. La soluzione a questo enigma sono proprio le abbondanze, ovvero sul foglio bianco facciamo un quadrato rosso più grande della nostra formina, in modo che siamo sicuri al 100% di tagliare un quadrato del tutto colorato.
Vediamo insieme la gabbia originale.


Le linee rosse rappresentano il taglio ipotetico, cioè al lordo dello sfarfallio della macchina in fase di taglio. Le linee blu invece rappresentano la gabbia. Questa di solito dista 1cm dal bordo della pagina al vivo.
Ingabbiamo la nostra tavola, ridimensionandola al fine di inserire le vignette dentro le nostre linee blu.


La larghezza della gabbia fatta dal nostro Francesco è più stretta della nostra disegnata con le linee blu, ma va bene così! Questo perché la gabbia spesso è 13cm e non 14cm, e va allineata alla linea blu verticale di destra o di sinistra in base alla pagina come verrà impaginata, ovvero se è dispari o pari. Ad esempio questa è pagina 1, dunque la allineeremo a destra.
Ora veniamo al problema di formato di questa tavola. La parte in grigio che ho colorato rappresenta tutto quel disegno necessario per completare il nostro file, ma che non esiste nella tavola originale. Se riguardate la scansione originale, noterete come le vignette siano molto vicine al bordo del foglio.
ATTENZIONE: in questo caso il fatto che manchi del disegno è ininfluente, perché non ci sono vignette al vivo e quella parte diventerà bianca, ma avendo in mente quanto detto prima circa le abbondanze, capite bene che se avessimo avuto vignette al vivo sarebbe mancato molto disegno utile ad una corretta stampa della tavola.
Ci sono autori che disegnano su A4, altri A3 o altri formati. Questo non è importante per chi lavorerà quelle tavole. L'unica cosa che conta è mantenere le proporzioni. Sappiamo che il tutto deve finire in un file 16x21, che la gabbia in cui devono muoversi le vignette è alta SEMPRE 14cm, mentre la larghezza è spesso 13cm. Dire quanti cm servono di abbondanza o quanto deve distare la vignetta dal bordo del foglio è inutile, perché dipende dalle dimensioni del foglio usato dal disegnatore. E' utile invece ricordare l'esempio della formina e del quadrato rosso: più è grande questo quadrato, più starete creando un file adatto ad ogni tipo di stampa!
 Passiamo ora alla pulizia della tavola. Come dicevamo all'inizio, anche se un disegno appare privo di imperfezioni, vi basterà andare di zoom per scoprire un mondo magico, fatto di vignette interrotte, piccole sporcizie del foglio o del piano dello scanner.


Trovo utile per scovare aloni grigi intorno alle vignette, o in giro per la tavola, "invertire" il disegno, ovvero trasformarlo in negativo. Vi assicuro che è molto più facile vedere lo sporco bianco su fondo nero, piuttosto che il contrario.
Terminato questo lavoro di pulizia generale, la tavola è pronta per essere esportata, nel caso il lettering venga fatto in Illustrator (come nel mio caso), oppure per essere letterata direttamente in Photoshop.
Vediamo i settaggi per avere un file quanto più leggero possibile, senza avere perdite di qualità.


Spero di non aver tralasciato alcun passaggio, magari svolto in automatico, ma che invece meritava un'attenzione maggiore. In tal caso farò qualche integrazione. Per dubbi o domande non esitate a scrivermi.

Ora questi procedimenti mi appaiono del tutto chiari, ma vi garantisco che qualche anno fa ero disorientato come potrebbe esserlo qualcuno di voi adesso, quindi niente panico :-)

Grazie per l'attenzione e arrivederci alla prossima guida: LETTERING CHE PASSIONE

domenica 11 settembre 2011

Fumetto seriale o miniserie

Le storie seriali raccontate negli ultimi decenni, in questo caso attraverso il linguaggio del fumetto, hanno avuto sempre la peculiarità di essere di per sé immutabili nel loro schema originale. Progetti destinati a stabilire una traccia iniziale, identitaria, fuori dalla quale è assai difficile andare.
Un bellissimo articolo di Gianfranco Manfredi spiega ampiamente come l'eroe delle storie seriali deve sempre fare i conti con ciò che può (e deve fare) e con ciò che non può assolutamente fare. Tex deve mantenere un decoro e un'integrità morale ineccepibile, mentre Dylan Dog non può in alcun modo terminare il suo amato galeone, come dimostrato nel numero 300 (auguri!).
Il fumetto seriale inoltre viaggia su due binari paralleli: da una parte c'è la storia, scritta e sceneggiata per entrare nel centinaio di pagine utili a comporre un albo, mentre dall'altra c'è l'universo dentro il quale i personaggi agiscono, un mondo che si sposta lentamente ma inesorabilmente. Una costellazione di piccoli tasselli che saltuariamente si avvicinano, per poi unirsi o allontanarsi per sempre, nel giro di mesi o anni; il plot di una vita, nato dalla mente di un autore ma che passa come un testimone da uno scrittore all'altro.

La miniserie a fumetti invece è un format balzato agli onori della cronaca negli ultimi anni, nato come esperimento editoriale un po' snobbato, ma che ora trova spazio anche negli antichi baluardi del fumetto italiano (aspettando Shanghai Devil). Molti autori vivono questa nuova esperienza come un trampolino o come un laboratorio alchemico in cui sperimentare linguaggi e sintassi nuovi. L'azzardo è consentito, a fronte di un investimento non impossibile dell'editore, che decide di riporre fiducia in autori e disegnatori volenterosi di dire al mercato qualcosa di nuovo. La miniserie richiede continuity, temporale quanto spaziale ma non solo: i personaggi si muovono coerentemente, ricalcando non di rado percorsi evolutivi necessari a trasmettere il messaggio in testa all'autore. L'eroe diventa buono o cattivo, traditore o redento, il tutto in un cerchio che si chiude al termine della serie.

Personalmente... ho vissuto altalenanti favori in merito ai due format. Qualche anno fa mi irritavo quando acquistavo un albo seriale e non era uno dei pochi che fa avanzare la lancetta del plot generale: lo avvertivo come un tradimento.
La miniserie invece mi dava la sensazione che avere tra le mani un'opera compiuta, o comunque circoscritta, mi aiutasse a vivere un'emozione completa, senza rimpianti.
All'oggi le due visioni sono molto più sfumate, cosicché acquistare un Dampyr mi permette di riprendere il filo di una storia mai interrotta, mentre leggere The Secret è come sfogliare un piccolo libro in cui l'eroe nasce, vive e muore, narrativamente parlando.
I fumetti seriali sono forse un impegno che poche case editrici sono ancora disposte a prendersi, ma di sicuro sono molti i lettori che vorrebbero sentirsi immortali, come i loro eroi senza tempo, capaci di fermare e far ripartire le lancette di una storia.

sabato 27 agosto 2011

The Secret - 30 years after


30 anni dopo i fatti noti.

Il baccano scomposto che imperava nella mensa, soprattutto durante il pranzo, aveva ormai lasciato il posto ad un silenzio familiare agli ospiti della clinica “Cielo azzurro”. Una quiete innaturale, spesso indotta o forzata, ma in ogni caso liberatrice, rassicurante. Il personale medico era intento a sistemare tavoli, sedie e tutti i pochi oggetti ritenuti innocui e divenuti poi prede di movimenti convulsi, piccoli raptus o gesti incondizionati di cui gli ospiti della clinica erano allegramente affetti. Qualcuno spazzava a terra, qualcun altro abbassava leggermente le tapparelle per agevolare una luce più soffusa all’interno dei grandi saloni, ma tutti sapevano bene che il peggio era passato. Se ne sarebbe riparlato a cena.
A quest’ora del giorno la maggior parte dei pazienti della clinica psichiatrica si trovava stipata nelle rispettive stanze, di modeste dimensioni senza dubbio, seppur curate e sempre pulite. Un paio di uomini giocavano a carte, riprendendo in mano una partita lasciata in sospeso nel momento in cui una dolce campanella aveva suggerito loro che il pranzo stava per essere servito. Altri fissavano con estrema attenzione un piccolo televisore sospeso a quasi due metri da terra, che trasmetteva una soap-opera di terz’ordine che mai avrebbe sperato in tanto consenso all’interno di una stessa abitazione. Nella sala grande, ad uno dei tavoli più ampi, sedeva invece un nutrito gruppo di pazienti, anche loro immersi in una sorta di ipnosi dalla quale sembrava non avrebbero mai più fatto ritorno. Erano tutti intendi ad ascoltare una storia.

In mezzo a loro si trovava un omino, minuto e di statura modesta, dotato di due occhi arguti come fiaccole ardenti lungo un’oscura galleria senza uscita. Aveva una settantina d’anni, ma quando parlava e gesticolava, sembrava rivestirsi di un manto fresco fatto di speranza e gioventù. Il sorriso ampio e contagioso era incorniciato da un pizzetto bianco come neve, e in testa aveva un’aureola di corti capelli slavati, selvaggi e indomabili dalla mattina alla sera. Il suo passatempo preferito era senza dubbio “parlare”, anche se molti giurano che sarebbe anche potuto essere “scrivere”, se solo fosse stato permesso ai pazienti di impugnare una biro o anche solo una matita. Qualcuno afferma che forse da giovane era uno scrittore, o qualcosa di simile; quel che è certo è che vi erano momenti circoscritti nella vita di quest’uomo in cui non si capiva nel modo più assoluto come poteva essere finito al “Cielo azzurro”. La sua fantasia non aveva limiti e le storie che raccontava avevano il potere di avvolgere l’ascoltatore e di condurlo per mano in sentieri misteriosi, fatti di boschi verdeggianti dai profumi esotici o di vie lattee popolate da bizzarri omini grigi. Forse era proprio questa tendenza sempre più frequente a varcare la fatidica soglia tra sogno e realtà, che gli assicurò un confortevole soggiorno tutto compreso in quella struttura d’accoglienza.

«…secondo una ricerca che feci molti anni fa insieme a degli amici, giunsi ad una conclusione sconcertante…» pronunciò l’omino ammiccando il suo pubblico, scupoloso nel rispetto dei dovuti tempi scenici. Fece poi per riprendere la parola, quando il suo sguardo volse oltre, posandosi sull’inconfondibile silouette di Elvira. Leggiadra sul pavimento a scacchi della sala come un orso polare su una sottile lastra di ghiaccio in primavera, Elvira aveva due spalle che sembravano uscirle direttamente da sotto le orecchie; la sua statura era ben oltre la media e spesso anche il timbro di voce tradiva la sua sessualità clinica. Di femminile aveva solo l’acconciatura, costituita da ondulati capelli neri che le avvolgevano l’aspro viso, raccolti dietro in una lunga coda da cavallo, che in testa ad una donna quanto meno discreta avrebbero fatto la loro signorile figura.
«Perdonatemi signori, ma sono desiderato dalla più affascinante infermiera dell’istituto.» Disse il piccolo narratore al suo pubblico; poi rivolto ad Elvira pronunciò a gran voce: «Desdemona! Contavo i secondi che mi separavano da te!»
Non era chiaro il motivo per cui Elvira venisse chiamata costantemente “Desdemona” da quell’uomo, ma una stranezza di quel tipo, nella clinica “Cielo azzurro”, passava subito in secondo piano.
«Venga dunque, è l’ora della sua pillola!» tuonò la donna, mentre aveva già afferrato l’uomo per un braccio per accompagnarlo qualche stanza più avanti. Dopo dieci minuti la commissione era svolta: il paziente aveva messo in bocca la sua pillola color avorio e l’aveva ingerita buttandoci dietro mezzo bicchiere d’acqua.
Elvira a quel punto lo congedò con un sorriso:
«Ora vada a riposare un pochino, signor Giuseppe!»

L’uomo non perse tempo, e di gran fretta fece le scale, si chiuse la porta della sua stanza alle spalle e come in preda a conati di vomito si mise la mano in bocca. Ne uscì una piccola poltiglia avorio, umida e luccicante. Il signor Giuseppe la fissò per qualche istante, ma subito dopo afferrò con la mano libera il comodino che affiancava il suo letto rifatto, e con un secco colpo di reni lo tirò a sé. Era un gesto, quello, che ripeteva ormai tutti i giorni da un mese a questa parte, da quando cioè cominciò a fare una cura “ricostituente” con la quale, gli avevano detto, avrebbe affrontato meglio la stagione influenzale ormai alle porte. Dietro al comodino c’erano tante palline color avorio incollate, ma non a caso o senza un criterio, anzi come a comporre una figura ben definita. Era un volto, il volto di uomo di cui si vedevano soltanto i grandi occhi indagatori. Il resto del viso era ricoperto come da una maschera: un rapinatore doveva essere, o un ladro. Perchè il signor Giuseppe componesse una tale figura con le sue pillole riciclate, nemmeno il più esperto psichiatra sarebbe stato in grado di dirlo.

Al piano di sotto “Desdemona” guardava nella stanza del personale la soap-opera di terz’ordine ormai alle battute finale, quando per la seconda volta in pochi minuti sentì di nuovo uno stridio, come di un mobile che strisciava sul pavimento, e per l’ennessima volta si era ripromessa che il giorno seguente, se fosse accaduto di nuovo, sarebbe andata a scoprire di cosa si trattava.

mercoledì 24 agosto 2011

Mattino di primavera


In una casa di campagna viveva una vecchietta, che tutti i giorni si alzava mesta, di buon'ora, come faceva da quando era bambina. Consumava una modesta colazione e si recava subito nel campo dietro casa, dove da tempo cercava in tutti i modi di far crescere i fiori e le verdure che aveva seminato alcune settimane prima.
Ogni giorno l'impegno aumentava, così come i dolori che l'età aveva in serbo per lei, ma i fiori stentavano a sbocciare, e i frutti della terra a nascere. Qualche giorno l'anziana vecchietta tardava a cominciare il suo lavoro, perché abbisognava di un riposo un po' più lungo del solito; però affannato, mai sereno e davvero ristoratore.

Una bella mattina di primavera il sole era da poco spuntato dalla collina a est della casetta, e la piccola vecchietta aprì gli occhi, più vispi del solito. Con grande prontezza fu in piedi sulle sue pantofole consumate e si diresse rapida nel cortile di casa, senza neanche badare a fare colazione. In poco tempo aveva accudito metà del suo orto, e mentre soddisfatta si guardava indietro, notò un timidissimo bocciolo ai margini del verde prato. Tutta baldanzosa saltellò verso di esso e, guardandolo più da vicino, fece un gran sorriso che le riportò in vita tutte le piccole e profonde rughe collezionate in un'intera lunga vita. Era felice.
Si guardò intorno e altri fiori era spuntati.
Un'invisibile lacrima le rigò il viso e per un'attimo un'ombra di malinconia prese il posto della gioia; ma fu solo un istante, già finito, già dimenticato.

La vecchietta tornò così a sorridere come quando era bambina, avendo ormai capito che quella mattina, dal suo letto, non era mai scesa.

Dicono di me

“Ero seduto sulla mia amaca preferita, ascoltando un po’ di pop su audiocassetta e fumando una nazionale. Giocherellavo con del das rimastomi incollato tra le dita, residuo di un’appagante giornata di lavoro, quando ad un certo punto mi esce uno starnuto biblico. Su due piedi volevo scartarlo, ma per l’amor di Me Stesso, non me lo sarei perdonato. Ecco tutto, di più non saprei dire.” (DIO)

“Chi?” (Alfonso Signorini)

“Per me, numero uno!” (Dan Peterson)

“Lui lo negherà fino alla morte, ma una volta sono quasi riuscito a convincerlo a farmi fare un massaggio ai piedi con dell’olio aromatizzato al cetriolo barzo. Ve lo giuro!” (Elton John)

“Accattivante! L’ideale per serate con gli amici all’insegna del divertimento, oppure per fantastici pomeriggi di relax. Un’occasione imperdibile!” (Giorgio Mastrota)

“Gwwwooouuurr… Rreoooarr… Aauuuurrrhhgrrhhooooarrr!” (Orsetto polare Knut)

“Un tipo tutto sommato positivo, ma va comunque tenuto d’occhio. I più anonimi si rivelano sempre i più pericolosi…” (Batman)

“Poco ce magni.” (Hannibal Lecter)

lunedì 22 agosto 2011

Il primo comandamento

Il primo comandamento nelle tavole dei Blog è quello di scrivere il primo post come fossimo ad una seduta psichiatrica di gruppo, ovvero alzandoci in piedi, dichiarando il proprio nome e il problema che ci assilla.
Avere un blog può essere il problema stesso, e il nome è scritto in questa pagina mi sembra, da qualche parte.
Manca da dichiarare lo scopo. Quello per ora è fumoso, confuso.
Quando lo chiuderò potrò riflettere sul perché quel giorno di agosto, invece di fiondarmi dentro a una fontana per sfuggire ad afa e umidità, ero schiavo di un condizionatore e di un Blog che mi chiedeva di scrivere questo benedetto primo post...


Un saluto a tutti voi!